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Internet, identità e reputazione

Recentemente si è di nuovo discusso del ruolo dell'anonimato in Internet.

Alla luce delle vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni dipendenti e consulenti di alto livello di Telecom Italia mi sembra ingenuo pensare che un ISP possa garantire la privacy dei propri clienti. Misure come quelle recentemente imposte dall'Autorità garante per la privacy possono rendere più facile identificare il responsabile di una singola violazione ma sono inutili nel caso di violazioni sistematiche commesse con il beneplacito della dirigenza.

In generale, poiché è troppo facile da parte di un potente intimidire un cittadino con azioni giudiziarie, al limite preferisco qualche diffamatore impossibile da perseguire in più che qualche "soffiata" in meno. E questa posizione la prendo dopo che da 15 anni in rete mi firmo con nome e cognome e sono stato insultato e diffamato innumerevoli volte. Vale la pena di ricordare la storia di Scientology e anon.penet.fi.

A prescindere dalle proprie convinzioni etiche è comunque necessario riconoscere che il modello di un "anonimato protetto" imposto per legge (che si suppone preveda di conseguenza l'illegalità dell'anonimato forte) non potrà mai risolvere il problema di identificare con sicurezza chi commette crimini in rete. Semplicemente, l'anonimato è e sarà sempre alla portata di tutti e coloro che hanno intenzione di commettere un crimine sono i primi ad usarlo. Anche supponendo per assurdo che domani tutti gli Stati del mondo vietino l'anonimato (qualsiasi cosa significhi), rimarranno lo stesso mille strade alla portata di chiunque per rimanere anonimi.

È ovvio che la deresponsabilizzazione causata in alcune persone dalla certezza che le proprie azioni non avranno conseguenze negative sia un grande problema, lo sa perfettamente chi abbia partecipato alla gestione di comunità virtuali aperte alla partecipazione di chiunque (es: IRC, ancora IRC, Usenet) o anche solo tratti sul proprio blog di argomenti un po' controversi.

Quello che serve veramente per risolverlo non è una impossibile identificazione certa dei partecipanti (che anzi sarebbe potenzialmente possibile solo nelle situazioni che hanno risvolti giudiziari) ma piuttosto introdurre un concetto di reputazione associata alla identità che si usa in rete, indipendentemente dalla persona o dalle persone fisiche a cui corrisponde.

Questo tra l'altro ha il vantaggio di trasformare un problema legale irrisolvibile in un problema tecnico a volte complesso da implementare ma solitamente trattabile, che mi pare un bel vantaggio.

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